Umanità Nova nel numero scorso pubblicava in prima pagina l’appello a partecipare alla Manifestazione nazionale per il clima e contro le grandi opere che si sarebbe tenuta Sabato 23 marzo a Roma. Si trattava di fare una scelta netta e precisa, senza ambiguità, tra il governo, i capitalisti e le loro menzognere promesse di un rilancio dell’economia e di un benessere generalizzato tramite le loro grandi opere e, più in generale, di prosieguo della logica del profitto industriale come priorità non negoziabile in alcun modo, da un lato, ed i movimenti popolari sorti un po’ ovunque in Italia che si muovono, con maggiore o minore coerenza ma sempre con coraggio, contro le logiche biocidiarie del potere politico ed economico.
Le cosiddette “grandi opere” e tutto il resto che concerne l’attacco alla stessa possibilità di sopravvivenza della vita sul pianeta, del resto, finanziano questa folle prassi omicida a livello locale e, alla fine, planetario eliminando ogni forma di tutela del territorio e con un attacco sempre maggiore ai servizi sociali ed all’occupazione. In pratica, drenando le risorse necessarie sottraendole al soddisfacimento dei bisogni – anche elementari: sanità, istruzione, trasporti di prossimità, ecc. – della stragrande maggioranza della popolazione. Insomma, una forma di assistenzialismo per ricchi, a danno dei poveri.
La manifestazione, poi, era importante anche per il fatto che era la prima a livello nazionale che si svolgeva dopo l’andata al potere governativo del movimento pentastellato, avvenuta anche grazie all’appoggio parolaio a tutte queste battaglie e alla promessa di invertire radicalmente la rotta una volta al governo. Chi si era presentato come alternativo al sistema di potere, come “governo del cambiamento”, si è mostrato di tutt’altra pasta e, pertanto, la manifestazione, da questo punto di vista, era una sorta di “nuovo inizio” per questo genere di movimenti, dopo che la strada elettorale ha mostrato, per l’ennesima volta, di essere un percorso divisivo e depotenziante, mentre l’azione diretta popolare, in questi anni, è stata l’unica a permettere alcune vittorie.
Non basta resistere, dunque, occorre rilanciare in avanti queste lotte, porre le loro tematiche al centro dell’attenzione di tutti i movimenti sociali, come problematiche centrali, direttamente legate al tipo di società che dobbiamo essere in grado di costruire, se vogliamo permettere alla stessa vita in quanto tale (o almeno alla stragrande maggioranza delle specie e degli ecosistemi oggi esistenti) di andare avanti su questo pianeta. Logica dello sfruttamento capitalistico e del dominio politico: sono queste alla base sia della crisi ecologica, sia della guerra ai ceti medio-bassi e/o agli immigrati, sia delle discriminazioni di genere, sia dei conflitti bellici, sia della repressione contro gli oppositori. Una situazione dalla quale non si può uscire a livello individuale, ma che necessita di una risposta collettiva la più ampia possibile. Il rifiuto della delega e l’autogestione dei territori possono inceppare una macchina che macina le vite di tanti e il futuro di tutti.
La manifestazione, nel frattempo, ha registrato un successo, a nostro avviso, sia quantitativo sia qualitativo. Il corteo era davvero grande, effettivamente i numeri erano notevoli, superiori certamente alle aspettative, specie tenendo conto di quanto detto sopra, ovvero, degli eventi e delle scelte che hanno comportato l’assenza di tanti sciacalli degli anni passati, ora troppo impegnati a garantire gli interessi di quei potenti che dichiaravano di voler combattere.
Per ciò che concerne l’aspetto qualitativo, poi, vi è un altro dato da sottolineare: a comporre il corteo, più che la presenza di grossi aggregati politici e sindacali, erano decine e decine, sicuramente oltre un centinaio, di gruppi piccoli e medio/grandi, espressione di lotte territoriali di ogni genere e di ogni parte d’Italia. Segno questo evidente che l’importanza della manifestazione era stata effettivamente sentita dai territori e dalle popolazioni militanti, che hanno risposto in massa all’appello degli organizzatori: ora, come dicevamo, si tratta di lavorare politicamente perché questa forza non vada dispersa in altre illusioni ma, al contrario, capisca e sfrutti tutte le sue capacità di mobilitazione, provvedendo anche a coordinarsi solidalmente e senza gerarchie.
Un ultimo discorso, sulla presenza delle anarchiche e degli anarchici. Innanzitutto va citata la presenza dello spezzone della Federazione Anarchica Italiana, ben visibile e partecipato grazie allo sforzo organizzativo del Gruppo Anarchico Michail Bakunin di Roma che se ne era accollato l’onere ed alla presenza di compagne e compagni di un po’ di tutte le parti d’Italia, dal Piemonte alla Sicilia. Oltre ad esso, comunque, lungo il corteo erano visibili altri tre raggruppamenti di compagne e compagni caratterizzati dalle bandiere rossonere dell’anarchia.
Infine va rilevato che la presenza libertaria non si esauriva affatto in questi raggruppamenti espliciti essendo anche diffusa all’interno dei singoli comitati: buona parte delle compagne e dei compagni sono rimasti all’interno del gruppo di lotta territoriale con cui erano giunti alla manifestazione romana, come ha potuto facilmente notare chi, come noi, ha assistito allo svolgersi del corteo dalla testa alla coda. Una presenza che speriamo possa crescere e garantire l’autonomia del movimento da possibili futuri sciacallaggi.
Redazionale
Il report sopra pubblicato sul n.11 del giornale da conto della manifestazione e dello spezzone indetto dalla FAI. Di seguito un altro report inviatoci da parte di altri compagni e compagne che hanno partecipato al corteo. Nota della redazione web.
Nessuna delega Azione diretta Autogestione
E’ per dire basta ai progetti e alla realizzazione delle grandi opere nocive e inutili in programma nei nostri territori che centinaia di associazioni, comitati, studenti, lavoratori e lavoratrici ma anche singoli cittadini si sono autorganizzati localmente nei vari territori dando vita a iniziative di protesta e vertenze per fermare gli effetti catastrofici che queste hanno o potrebbero causare in futuro.
Nei singoli territori la popolazione si è autorganizzata dando vita ad assemblee e riunioni locali esprimendo anche l’esigenza di coordinarsi e arrivare insieme a percorsi condivisi dandosi delle scadenze locali e nazionali, promuovendo di volta in volta le successive iniziative per dare continuità alle lotte e alle vertenze dal basso e soprattutto non dare tregua alle speculazioni cementizie e inquinanti che intendono perpetuare la devastazione ambientale e sociale nei territori.
L’esigenza per molti è stata di non delegare partiti e istituzioni, approfondire le peculiarità di ogni singolo progetto predatorio e informare ancor di più la cittadinanza delle singole comunità locali sulla realtà oggettiva e gli effetti che i progetti di grandi opere hanno avuto e avranno sull’ambiente, il lavoro, la salute di tutte e tutti. L’ aspetto comune emerso è stato che, dietro ogni singolo progetto, seppur diversi tra loro, è palese l’obbiettivo unico di fare profitto da parte di alcune grandi aziende, per citarne alcune, ENI, Benetton, ILVA eccetera, già coinvolte in tante catastrofi note nel nostro paese.
Alcuni comitati contrari alle grandi opere sono più noti come il No TAV ( Treno ad Alta velocità), il No Triv ( progetto di Eni, Total e Rockhopper Exploration), No tap (Trans Adriatic Pipeline è la parte finale di un megagasdotto di quattromila chilometri che parte dall’Azerbaijan e approda in Italia presso S.Foca una delle più belle spiagge del Salento per proseguire fino a Brindisi e continuare, attraversando le zone ad alta sismicità del centro Italia, per giungere poi in Europa), No Muos (Mobile User Objective System sistema di comunicazioni satellitari (SATCOM) militari gestito dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti composto da quattro satelliti (più uno di riserva) e quattro stazioni di terra, una delle quali in Sicilia, a Niscemi.
Esistono sparsi sul territorio tanti altri comitati di base meno conosciuti, poiché quasi del tutto ignorati dai media in main stream, che si vanno coordinando e autorganizzando localmente
Utilizzando anche lo strumento del ricatto del bisogno di nuovi posti di lavoro in realtà molti progetti,in passato, hanno dimostrato che questo era falso poiché hanno dato forma solo a una piccola manciata di nuovi posti rispetto alle grandi cifre promesse. I lavoratori e le lavoratrici assunte hanno avuto contratti precari, sono stati sottopagati e senza alcuna forma di sicurezza sul lavoro. Oltretutto il numero di nuovi posti di lavoro è stato di gran lunga esiguo rispetto a quelli persi con i licenziamenti e la chiusura di piccole aziende schiacciate dalle holding dei monopoli, che hanno speculato facendo affari utili solo per una manciata di privilegiati e ricchi a discapito dell’ambiente e della salute degli abitanti delle aree interessate e circostanti.
La composizione dei progetti e la messa in posa delle opere sta avvenendo dunque sulla pelle e a spese dei cittadini la cui opinione dissenziente a questo sistema si sta cercando continuamente di tarpare e reprimere da parte di tutti i governi locali e nazionali che si sono succeduti con la retorica delle false promesse vanificate poi dalle lungaggini burocratiche.
Intanto le catastrofi sono all’ordine del giorno, dal crollo dei ponti autostradali ai terremoti, che avvengono naturalmente certo ma stanno creando sempre più danni e morti poiché paesi, città, industrie e insfrastrutture stanno continuando ad essere costruite in aree notoriamente ad alto rischio sismico.
Interi edifici di vecchie grandi opere nocive ormai inattive poi non sono state bonificate, come promesso, e persistono nel loro stato di abbandono, degrado e nocività.
La mancata manutenzione inoltre delle infrastrutture e i cambiamenti climatici dovuti all’inquinamento e non solo stanno peggiorando le condizioni di vivibilità di giorno in giorno.
Mentre i tagli alla sanità e ai posti di lavoro sono una realtà ormai difficile da mistificare si va delineando la necessità di non delegare la propria vita, i propri saperi, la propria salute e si va concretizzando sempre di più l’autorganizzazione e l’autogestione dal basso.
Sul nostro territorio sono numerose le realtà che vanno coordinandosi, dal parco di Aguzzano al laghetto dell’ex Snia, ai vari comitati che dicono No agli inceneritori fino ai comitati del litorale romano che sono contrari alla realizzazione di grandi opere quali il raddoppiamento dell’aereoporto di Fiumicino, l’inceneritore di Pizzo del prete, la realizzazione del porto commerciale e altri progetti sparsi sul territorio urbano ed extraurbano, del litorale e non solo.
Il 23 marzo la città di Roma si è svegliata con la visita del premier cinese Xi Jinping, in città per un incontro strategico e stringere accordi con il governo italiano per la realizzazione di grandi opere e infrastrutture circa il progetto denominato “Via della seta”. Proprio in virtù di questo progetto la Cosco China Ocean Shipping Company ha già acquistato il porto del Pireo in Grecia e qui colossi come Hewlett & Packard, Sony e Hyundai hanno già scelto lo scalo ellenico come prima destinazione per raggiungere l’Europa ma l’obiettivo della Cosco è di acquisire anche porti italiani e ciò fa il paio con la Yilport una holding turca che a sua volta sta tentando di acquisire il porto di Taranto.
Insomma l’obiettivo è di affidare sempre di più i progetti delle grandi opere nocive e la gestione delle infrastrutture ad holding italiane e straniere con il bene placido e la compartecipazione statale e locale.
I comitati di base si erano riuniti nei mesi scorsi in Val Susa, a Roma e a Napoli nelle assemblee nazionali dove sono state chiamate ad intervenire le realtà di lotta presenti nel nostro paese esprimendo l’esigenza di coinvolgere e far convergere sull’argomento ancor di più le realtà di base sottolineando l’importanza di sviluppare un percorso condiviso ognuno con la comunità locale di provenienza.
A Roma negli ultimi mesi ci sono state molte iniziative di carattere cittadino come l’assemblea del 10 marzo a EX Snia e altre all’Università La Sapienza. Altre riunioni e assemblee specifiche dei comitati si sono tenute a livello locale come il 18 marzo al parco di Aguzzano, il 17 marzo a Fiumicino. Sono state iniziative informative e di approfondimento, sia sui progetti in corso che sull’impatto che questi avranno sulla realtà sociale, ambientale. L’obiettivo di questa esperienza è stata quella di coordinarsi con azioni comuni e non, in preparazione anche del percorso verso la manifestazione cittadina studentesca contro i cambiamenti climatici del 15 marzo, quella nazionale del 23 marzo, quella del 30 marzo contro le speculazioni al parco urbano di Aguzzano, tenendo conto soprattutto della partecipazione delle comunità locali.
Già migliaia di studenti il 15 marzo avevano sfilato nella nostra città e in altre città d’Italia, circa centomila i partecipanti alla manifestazione nazionale di Roma del 23 marzo e molti gli interventi dei comitati di base che ci sono stati dai microfoni durante tutti questi eventi che sono stati tutti atorganizzati compresi i mezzi di trasporto che hanno permesso la partecipazione di tutte e tutti.
Anche la comunità curda si è fatta partecipe delle iniziative denunciando la catastrofe ambientale e sociale che sta avvenendo nell’area di Hasankeyf in Bakur ( sud est della Turchia). La piccola città di 3000 abitanti sarà ingoiata da un lago artificiale per un progetto di costruzione della diga Ilisu, un elemento importante del Southeastern Anatolia Project, un piano di grandi opere e infrastrutture, che verrà attuato dallo stato turco, che devasteranno ancor di più il territorio e la popolazione locale già martoriati dalla guerra e dalla crisi economica.
Gruppo Anarchico C.Cafiero – FAI Roma